In tempi di pandemia in cui la nostra vita è profondamente cambiata, tutto è impossibile: abbracciarsi, baciarsi, invitarsi a cena e neanche a dirlo viaggiare.
Siamo annichiliti e spaventati, ma l’alternativa è provare a percorrere il microcosmo e apprezzare i piccolissimi piaceri che il piccolo mondo ci offre.
Capita, camminando per le strade, di imbattersi in una deliziosa vetrina di una pasticceria, e catturati dall’inebriante profumo entrare. Tutto ci riporta alla dolcezza di un tempo passato, con scatole decorate ricche di cioccolatini, cofanetti dipinti ripieni di caramelle, fotografie anni Cinquanta-Sessanta che ci raccontano di com’era il luogo e di com’era quello stesso negozio dove siamo ora.
All’interno della ricca vetrina scintillante , compare in varie fogge il torrone, prelibatezza del palato che la rubiconda commessa descrive come l’eccellenza della pasticceria perché la sua ricetta si tramanda appunto, da più di cinquant’anni. La descrizione degli ingredienti, l’uso delle dolci mandorle e delle forti nocciole tostate, dei pistacchi, del miele, miscelati secondo questa antica ricetta, convincono a provarlo. Il palato assapora un’infinita dolcezza con un gusto che si perde nella notte dei tempi.
Il torrone infatti viene decritto da Tito Livio nell’antica Roma e donato durante il solstizio d’inverno, portato dagli Arabi in Sicilia e nel bacino del Mediterraneo, oppure secondo un’antica leggenda cremonese preparato dai cuochi per il fastoso matrimonio di Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza. Un tempo prodotto nelle antiche spezierie, oggi sono le pasticcerie di Benevento e Cremona le più famose in Italia a produrlo, insieme ai tanti piccolissimi borghi e città italiane che si tramandano questo antico sapere, come appunto la ricercata ricetta della pasticceria Lorena.